Port Royal, 1716
Quella sera, nella cittadina di mare di Port Royal, il cielo era particolarmente sereno. L’argenteo disco lunare si stagliava in tutta la sua maestosità sopra la sfumata linea dell’orizzonte, irradiando le placide onde del porto di una brillante fosforescenza. Nonostante la fatica crescente che avvertivo lungo le braccia, tese nello sforzo di trasportare i secchi carichi d’acqua del pozzo, ammirare quello spettacolo riusciva a darmi la forza necessaria per andare avanti, oltre che a pervadermi l’animo di un inusuale senso di serenità.
Nel chiarore lunare percorsi tutta la darsena e appena arrivai al Polpo ubriaco – la locanda di famiglia in cui lavoravo praticamente da sempre – il silenzio della notte lasciò il posto agli sguaiati canti marinari, che si alzavano dal tetto dell’edificio per poi perdersi nell’oscurità. Con un piede, spinsi la massiccia porta di legno che conduceva al salone principale e mi apparve la sgangherata folla di pirati che, come consueto, stava facendo baldoria. Si trattava della ciurma del capitano William “Albatros” Hughes, uno dei corsari più temuti di tutto il Mar dei Caraibi, in sosta a Port Royal da una delle sue tante scorribande.
Cercando di non rovesciare troppa acqua, mi divincolai tra il caotico groviglio di marinai ubriachi e tornai alla mia consueta occupazione: servire da bere agli avventori.
“Ehi, ragazzo!”, mi disse uno di loro, sollevando il boccale verso l’alto con le poche forze che gli erano rimaste, “riempimi un altro bicchiere di rum. Il capitano ci ha detto di non badare a spese: siamo appena tornati da una delle nostre sortite e abbiamo fatto un bel bottino!”
“Davvero?”, chiesi, sinceramente interessato. Per quanto fossero grezzi, quei personaggi esercitavano su di me un grande fascino e ascoltavo sempre le loro avventure con curiosità. “Di cosa si tratta?”
“Abbiamo assaltato una nave di quei porci della marina”, rispose scolandosi in un sol sorso la pinta che gli avevo appena servito, “stava trasportando un carico della Corona verso una delle colonie. Parola di pirata, non ho mai visto tanto oro tutto insieme. Si tratta sicuramente del più grande tesoro di tutti i Caraibi!”
“Non è niente rispetto al tesoro di Teschio d’Argento!”
Nel salone calò il silenzio. In un sol colpo, tutti i pirati avevano smesso di brindare e adesso gli sguardi erano rivolti verso l’angolo in cui era seduto l’uomo che aveva pronunciato quelle parole. Si trattava di Dente Spezzato, l’ubriacone del paese, così chiamato per l’incisivo tagliato a metà sull’arcata superiore. Nessuno dava mai credito a quello che diceva ma il nome che era uscito dalla sua bocca era stato sufficiente a catturare l’attenzione dei presenti. Teschio d’Argento, il leggendario capitano che indossava la spaventosa maschera raffigurante, appunto, un teschio argentato e che aveva terrorizzato la marina britannica per molto tempo. Era scomparso in circostanze misteriose circa una decina di anni prima e il suo tesoro, che si diceva fosse immenso, non era mai stato ritrovato.
“Quando ero nella sua ciurma”, continuò il vecchio, “abbiamo raccolto tanti di quei tesori che non riuscireste neanche a immaginarli. Dobloni, manufatti antichi, gemme… non c’è moneta o oggetto prezioso che non abbiamo trafugato. Purtroppo neanche noi del suo equipaggio sappiamo dove lo abbia nascosto. Ma io ho la chiave per scoprirlo!”
Dente Spezzato estrasse un foglio ingiallito dalla tasca del suo camiciotto e lo alzò sopra la testa.
“Prima di sparire nel nulla, Teschio d’Argento mi aveva affidato questa pergamena, che contiene la prima indicazione per trovare il suo tesoro. Purtroppo, si tratta di un messaggio in codice e non sono in grado di decifrarlo. Inoltre, non ho una nave per partire. Ma se qualcuno di voi mi aiutasse, potremmo diventare ricchi, ricchissimi!”
Tra i pirati, si levò una voce beffarda.
“Smettila di raccontare fandonie! Lo sanno tutti che ti inventi queste storie giusto per catturare l’attenzione. Figuriamoci se una leggenda come Teschio d’Argento avrebbe lasciato a un ratto di sentina le indicazioni per trovare il suo tesoro!”
Una fragorosa risata risuonò tra le quattro pareti della locanda. Dente Spezzato alzò la voce per sovrastare il frastuono e farsi udire.
“È vero, vi dico! Guardate almeno il contenuto del foglio e capireste che non dico bugie!”
Nessuno accolse la sua proposta e tutti tornarono alla loro precedente occupazione, cioè bere come spugne e fare bisboccia. Per quanto avessi voluto continuare ad ascoltare le tanto fantasiose quanto suggestive storie di Dente Spezzato, anche io dovetti tornare a lavorare. I boccali di grog non si riempivano da soli e i corsari sembravano più assetati del solito. La notte scivolò via fra un canto piratesco e l’altro fino a che l’alba attraversò gli impolverati vetri delle finestre con le sue luci soffuse, annunciando l’arrivo del giorno. Molti dei pirati stavano uscendo, pronti a riprendere il mare, mentre altri giacevano ancora in stato catatonico sui tavoli di legno grezzo.
Facendo attenzione a non fare rumore per non svegliare gli avventori addormentati, scivolai tra i vari tavoli per pulire e riprendere i bicchieri. Alla fine del giro arrivai nell’angolo in cui era seduto Dente Spezzato, anche lui stordito dall’alcool, e con la coda dell’occhio vidi la pergamena arrotolata appoggiata sul palmo della sua mano. Mi guardai intorno e, con delicatezza, la presi e me la infilai nei pantaloni. Dopo aver lavato i boccali, avvicinai lo sgabello al bancone, estrassi il rotolo e lo aprii di fronte a me.
Il primo dettaglio che catturò la mia attenzione fu l’inquietante immagine del teschio in basso a destra. Un brivido risalì la mia schiena: si trattava senza ombra di dubbio del simbolo di Teschio d’Argento. Nella parte centrale del foglio, a grandi caratteri, c’era questo messaggio.
Recati dall’uomo sul banco di sabbia.
Sul retro c’erano delle indicazioni più specifiche del punto in cui cercare che però, senza sapere di quale luogo parlassero, erano completamente inutili.
“Mmm, l’uomo sul banco di sabbia?”, riflettei fra me e me, “eppure questa frase mi dice qualcosa. Aspetta, Teschio d’Argento era di origini britanniche, quindi parlava inglese. Ma quindi… ho capito! Dente Spezzato non stava mentendo!”
Scesi dallo sgabello e corsi verso il pirata, scuotendolo con forza.
“Dente Spezzato, svegliati!”
“Eh, che succede? La marina ci sta attaccando?”, rispose lui, ancora mezzo addormentato.
“Non c’entra la marina. Ho decifrato il messaggio. Non c’è un minuto da perdere. Dobbiamo partire alla volta del tesoro di Teschio d’Argento!”
Adesso è il tuo momento: hai capito qual è la prima tappa del viaggio? Clicca sul pulsante e inserisci la risposta!
La risposta dell’enigma è il nome della tua prossima tappa. Inserisci il nome del luogo esattamente come lo trovi scritto su Wikipedia Italia o, se non presente, su Google Maps.
Brancoli nel buio? Unisciti al server Discord e incontra altri giocatori pronti a darti una mano.